Quando i venti degli ostacoli e della sofferenza soffiano forte sulle nostre vite possiamo fare affidamento su un potente strumento che ci dia stabilità e centratura, ed è la “consapevolezza”.
Questo termine viene considerato spesso sinonimo di “presenza” in quanto l’uno è propedeutico all’altro. Sebbene non siano propriamente la stessa cosa, come due facce della stessa medaglia essi rappresentano un unicum inscindibile e messi insieme diventano un potente mezzo capace di trasformare la nostra vita, oltre a quella degli altri. Quando brilliamo della luce della consapevolezza e della presenza, anche le vite delle persone che ci ruotano intorno beneficiano di quel potere risvegliante. L’uomo capace di risvegliarsi a quello stato dell’essere diventa un sole luminoso che riscalda con i raggi il suo ambiente circostante.
Ma cosa comportano “consapevolezza” e “presenza”? Quando viviamo in questa condizione, siamo realmente vivi in quanto stiamo realmente facendo esperienza di ciò che stiamo facendo. La presenza è quello stato dell’essere in base a cui non ho pensieri che distolgano la mia attenzione rispetto a quel determinato momento in cui sono calato. Se sto cucinando, sono totalmente preso da dell’attività. Taglio un peperoncino da aggiungere al sugo di pomodori, ne sento la consistenza, è croccante, valuto quale sia la giusta dose per non rendere il sugo troppo piccante, ne sento l’odore, assaggio per sentire se debba aggiungere un po’ di sale.
Se sto leggendo un libro mi immergo nella lettura, sento il contatto tra le dita e i fogli di carta, ne aspiro l’odore, forse potrei sentire anche quello dell’inchiostro ancora fresco se il libro è stato stampato da poco, leggo le frasi, mi faccio trasportare nel mondo delle parole e dei concetti che esse vogliono rappresentare, consapevole del loro significato e del messaggio che l’autore del libro vuole trasmettere.
Può anche darsi che io non stia facendo nulla e allora la consapevolezza e la presenza si manifestano nello “stare”, “essere”, “osservare”. Sentire il corpo, essere presenti al nostro mondo interiore, portare l’attenzione a sensazioni ed emozioni che stanno animando il nostro sè profondo, senza giudicare né identificarsi con quegli stati interni. Solo testimoniare, prendere atto, e accogliere ciò che è, osservare ciò che accade senza cercare di dare spiegazioni, etichettare, lasciare spazio alla mente inconscia. Ciò apre lo spazio della consapevolezza, vasto come l’ oceano, quieto come un soleggiato mattino di primavera. Uno spazio di calma, serenità e forza, in cui non si viene intaccati dalle tempeste della vita.
Alcuni potranno ritenere che questo stato sia estremamente difficile da perseguire ma in realtà non è così. Ovviamente questa dote va allenata con un impegno costante, quotidiano.
Ma lo sforzo richiesto è veramente minimo. E quello sforzo, dopo un po’, non sarà neanche più necessario, sostituito da una naturalezza nel porre in essere un nuovo stato di presenza. L’allenamento quotidiano permetterà di far sì che quella condizione di consapevolezza diventi sempre più stabile nella nostra vita quotidiana. Una delle tecniche più semplici ed efficaci per raggiungere questo cambiamento è la “tecnica dei tre respiri”. Essa parte da un assunto molto semplice: è impossibile controllare la mente a lungo e più ci sforziamo per restare in uno stato di meditazione per un tanto tempo, più ci scontriamo con la resistenza della mente e con i suoi tentativi di soggiogare nuovamente il nostro essere, per cui si rivela estremamente inutile se non addirittura dannoso, almeno agli inizi di un lavoro di crescita personale, restare fermi per ore a meditare cercando di controllare la mente. Essa è più forte, è inutile sfidarla, o si rischia addirittura di ottenere l’effetto contrario, ossia di rafforzarla. Ciò che è dunque più conveniente fare consiste nel “fare un patto con la mente”: ossia chiederle di concederci, per il tempo di tre respiri, quindi in un lasso di tempo molto breve, di essere totalmente presenti, senza interferenze mentali. In genere la mente è accondiscendente rispetto ad un patto del genere in quanto sa che dopo riprenderà il controllo, per cui non avrà problemi a lasciare che sperimentiamo questa condizione per un tempo apparentemente insignificante, ma che in realtà ha una potenza devastante purché ci ricordiamo di ripetere questo esercizio per diverse volte durante il giorno. L’ideale sarebbe che ogni volta che ci rendiamo conto che il brusio mentale sta diventando troppo forte e sta aumentando il disagio dentro di noi, ci ricordiamo di portare l’attenzione al respiro e restiamo focalizzati su di esso per il tempo di tre respiri. Poi possiamo tornare alla nostra attività, anche se è alienante, perché è ciò che vuole la nostra mente. Se stiamo navigando su internet, distratti dal bombardamento di notizie, immagini e suoni che offre, possiamo tornare a perderci in quel mare caotico, poi non appena riusciremo a recuperare un barlume di coscienza potremo ricordarci di riportare nuovamente l’attenzione al respiro per il tempo di tre inspirazioni ed espirazioni, e così via. Come una goccia d’acqua che scava solchi nella roccia, così questo minuscolo sforzo creerà una crepa nella vostra coscienza, attraverso cui potrà passare la luce della consapevolezza. E la vita avrà un altro sapore. Imparerete ad ascoltare davvero, a vedere davvero. A godere di ogni respiro ed attimo di vita.